L’alba era lenta a venire, le stelle ancora brillavano e ancora gli alberi erano ritratti in se stessi, non si udiva nessun uccello, neppure le piccole civette che non avevano fatto che agitarsi per tutta la notte di albero in albero.

C’era uno strano silenzio, fatta eccezione per il muggito del mare. C’era quel particolare odore di molti fiori, di foglie marce e terra umida; l’aria era assolutamente immobile e l’odore arrivava ovunque. La terra era in attesa dell’alba e dello spuntare del giorno;c’era aspettativa, pazienza e una strana pace. La meditazione si accompagnava a quella pace e quella pace era amore: non l’amore di qualcosa e di qualcuno, l’immagine e il simbolo, la parola e le figure; era semplicemente amore, senza sentimento, senza sensazione. Era qualcosa di completo in se stesso, nudo, intenso, senza radici e direzione. Il richiamo di quell’uccello lontano era quell’amore; quell’amore era la direzione e la distanza, esisteva, senza tempo né parola. Non era un’emozione, che svanisce ed è crudele; il simbolo, la parola possono essere sostituiti, ma la cosa no. Essendo nudo, era totalmente vulnerabile e perciò indistruttibile. Aveva la forza inaccessibile di quella diversità, l’inconoscibile, che arrivava al di là degli alberi e oltre il mare. La meditazione era il richiamo di quell’uccello, che chiamava da quel vuoto, e il muggito del mare che si infrangeva fragorosamente contro la spiaggia. L’amore può esistere soltanto nel vuoto totale. La luce grigia dell’alba era là, lontana all’orizzonte, e gli alberi scuri erano più scuri e intensi. Nella meditazione non c’è ripetizione, una continuità di abitudine; c’è la morte di ogni cosa nota e il fiorire dell’ignoto. Le stelle erano svanite e le nuvole si erano destate con l’arrivo del sole.